Diventare esperti in Alzheimer: formazione e certificazioni

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Accompagnare una persona affetta dalla malattia di Alzheimer è un percorso che richiede molto più della buona volontà. È un impegno profondo che richiede competenze, pazienza e una comprensione fine di una patologia complessa ed evolutiva. Da Dynseo, siamo convinti che per accompagnare bene, bisogna prima formarsi bene. Diventare esperti, sia che si tratti di un professionista della salute o di un familiare caregiver, non è una meta, ma un viaggio continuo di apprendimento. Vogliamo condividere con voi la nostra visione di questo percorso, illuminandovi sulle formazioni, le certificazioni e gli strumenti che possono trasformare il vostro supporto quotidiano.

Prima ancora di parlare di tecniche o certificazioni, è fondamentale porre delle basi solide. Comprendere la malattia di Alzheimer non significa semplicemente sapere che essa colpisce la memoria. Significa afferrare la natura profonda dei cambiamenti che essa comporta, non solo nel cervello, ma anche nel comportamento, nelle emozioni e nella percezione del mondo della persona malata.

Oltre le perdite di memoria: una malattia complessa

Spesso abbiamo l’immagine riduttiva di una persona che dimentica le chiavi o il nome di un parente. La realtà è infinitamente più complessa. La malattia di Alzheimer è come una nebbia che si insinua progressivamente, non solo sui ricordi, ma anche sul linguaggio (afasia), sulla capacità di compiere gesti semplici (apraxia) e sul riconoscimento di oggetti o volti (agnosia).

Immaginate che il mondo che vi era familiare si trasformi ogni giorno in un labirinto i cui muri cambiano posto. È un po’ ciò che vive una persona affetta da questa malattia. I punti di riferimento svaniscono, la logica abituale non funziona più, e questo può generare un profondo senso di ansia, frustrazione, persino aggressività. Comprendere questi meccanismi è la chiave per non interpretare un comportamento difficile come una provocazione, ma come l’espressione di una sofferenza o di un’incomprensione. È il fondamento di ogni formazione seria: sostituire il giudizio con la comprensione.

L’importanza di un approccio umano ed empatico

La conoscenza teorica è indispensabile, ma rimane sterile senza un approccio profondamente umano. La persona affetta da Alzheimer rimane una persona a tutti gli effetti, con la sua storia, i suoi gusti, le sue emozioni e la sua dignità. Il nostro ruolo, come accompagnatori, è preservare ciò che costituisce la sua identità, anche quando la malattia sembra cancellarla.

L’empatia non è un concetto astratto; è una competenza che si impara e si coltiva. Consiste nel mettersi nei panni dell’altro, nel cercare di sentire ciò che lui sente. Quando una persona cerca la porta per “tornare a casa” mentre si trova nella propria casa, la risposta non è contraddirla frontalmente, ma comprendere il bisogno di sicurezza e conforto che si cela dietro questa richiesta. È ciò che chiamiamo approccio di validazione: entrare nella sua realtà per calmarla, piuttosto che volerla imporre nella nostra. Tutte le formazioni di qualità oggi insistono su questi approcci non farmacologici, incentrati sulla persona e sul suo benessere.

Il panorama delle formazioni disponibili per i caregiver e i professionisti

Il bisogno di formazione è oggi ampiamente riconosciuto, e l’offerta si è notevolmente ampliata per rispondere ai bisogni specifici di ciascuno. Che siate un figlio che accompagna il proprio genitore o un professionista in una casa di riposo, esiste un percorso adatto a voi.

Formazioni per i caregiver familiari: un supporto indispensabile

Essere un caregiver familiare è un ruolo spesso assunto senza preavviso e senza un manuale d’uso. È un maratona emotiva e fisica. Associazioni come France Alzheimer offrono formazioni gratuite per i caregiver. Sono essenziali perché permettono non solo di acquisire conoscenze sulla malattia e sulle buone pratiche, ma anche di rompere l’isolamento. Scambiare con altre persone che vivono la stessa situazione è una fonte di supporto inestimabile. Queste formazioni trattano temi molto concreti: come comunicare, come adattare l’abitazione, come gestire i disturbi comportamentali e, punto cruciale, come prendersi cura di sé per evitare l’esaurimento.

Percorsi professionali: dall’operatore socio-sanitario allo psicologo

Per i professionisti, la formazione è un’esigenza e un leva di carriera. Il percorso inizia spesso con diplomi generalisti come il DEAES (Diploma di Stato di Accompagnatore Educativo e Sociale) o il diploma di operatore socio-sanitario. Tuttavia, è spesso necessaria una specializzazione per lavorare efficacemente con questo pubblico.

La formazione di Assistente di Cure in Geriatria (ASG) è diventata un riferimento. Della durata di 140 ore, è specificamente progettata per gli operatori socio-sanitari e gli assistenti medico-psicologici che lavorano con persone anziane non autosufficienti. Approfondisce le conoscenze sulla malattia di Alzheimer e i disturbi correlati, e forma alle tecniche di cura, comunicazione e accompagnamento adeguate. Altri professionisti, come gli infermieri, gli ergoterapisti o gli psicologi, seguono anche formazioni universitarie (Diplomi Universitari) per perfezionare la loro expertise.

Le certificazioni: convalidare e riconoscere le competenze

Oltre ai diplomi, le certificazioni permettono di convalidare competenze specifiche. Possono riguardare approcci particolari come il metodo Montessori adattato agli anziani, la Snoezelen (stimolazione multisensoriale) o l’Humanitude. Queste certificazioni attestano un know-how preciso e sono sempre più valorizzate dagli istituti. Dimostrano un impegno del professionista ad andare oltre le basi e a dotarsi di strumenti concreti per migliorare la qualità della vita dei residenti.

Il nostro approccio alla formazione: unire teoria, pratica e tecnologia

Alzheimer

Da Dynseo, crediamo che la tecnologia non sia un fine in sé, ma un formidabile strumento al servizio dell’umano. Può facilitare il lavoro degli operatori, stimolare le capacità dei residenti e, soprattutto, ricreare legami là dove la malattia tende a isolare. È per questo che abbiamo sviluppato non solo strumenti, ma anche formazioni che permettono di utilizzarli in modo ottimale e pertinente. La nostra iniziativa mira a rendere la tecnologia accessibile, intuitiva e portatrice di significato.

La nostra sessione di formazione: “Stimolare e creare legami”

Abbiamo progettato una formazione specificamente incentrata sull’uso dei nostri programmi di giochi cognitivi come supporto alla relazione d’aiuto. Intitolata “Stimolare e creare legami con i giochi Dynseo”, questa sessione va ben oltre un semplice manuale tecnico. Il nostro obiettivo è fornirvi le chiavi per trasformare un momento di gioco in un vero e proprio laboratorio terapeutico e relazionale.

Affrontiamo punti essenziali:

  • Scegliere il gioco giusto al momento giusto: Non tutti i giochi sono adatti a seconda dell’umore, della stanchezza o delle capacità residue della persona. Vi insegniamo a valutare la situazione per proporre un’attività che sia fonte di piacere e successo, e non di frustrazione.
  • Adattare l’animazione: Come presentare il gioco? Come incoraggiare senza infantilizzare? Come gestire il fallimento? Vi trasmettiamo tecniche di animazione positiva affinché la sessione sia un momento di condivisione e valorizzazione.
  • Utilizzare il gioco come mediatore: Il gioco diventa un pretesto per scambiare, per evocare ricordi, per ridere insieme. È un ponte tra l’operatore e il paziente, permettendo di costruire una relazione di fiducia al di fuori del rigoroso quadro della cura.

Questa formazione è progettata per essere molto pratica, con situazioni simulate e condivisioni di esperienze, affinché ogni partecipante possa tornare a casa con strumenti direttamente applicabili.

SOFIA: Più di un gioco, un ponte relazionale

Il nostro programma di giochi di memoria su tablet, SOFIA, è al centro di questo approccio. L’abbiamo concepito non come un semplice passatempo, ma come un vero e proprio strumento di mediazione. Per una persona affetta da Alzheimer, confrontarsi con le proprie difficoltà cognitive può essere ansiogeno. SOFIA propone centinaia di giochi culturali e ludici, con livelli di difficoltà adattabili, affinché ciascuno possa trovare piacere e un senso di realizzazione.

Durante la sessione di animazione, SOFIA diventa un supporto straordinario. Un gioco sulle espressioni francesi può avviare una discussione sui ricordi d’infanzia. Un quiz sulle capitali può far riemergere il racconto di un viaggio. L’animatore o il caregiver non è più solo colui che “fa fare” un esercizio, ma diventa un compagno di gioco, un confidente. Il tablet non è più uno schermo freddo, ma il centro di un momento caldo e condiviso.

MON DICO: Restituire la parola a chi l’ha persa

Uno degli aspetti più difficili della malattia è la perdita progressiva del linguaggio. L’afasia rinchiude la persona in un silenzio frustrante, impedendole di esprimere i propri bisogni più elementari: “ho sete”, “ho dolore”, “ho freddo”. Per rispondere a questa problematica, abbiamo creato MON DICO. È un’app semplice, basata su immagini e pittogrammi classificati per categorie (cibo, emozioni, corpo, vestiti…).

In pochi clic, la persona può mostrare l’immagine corrispondente al proprio bisogno. È uno strumento formidabile per ripristinare la comunicazione e l’autonomia. Per l’operatore, è un modo per comprendere rapidamente e senza errori una richiesta, evitando così situazioni di crisi legate all’incomprensione. Imparare a utilizzare MON DICO significa imparare a restituire un po’ di controllo e dignità a una persona che si sente privata di se stessa.

Le competenze chiave da sviluppare per accompagnare una persona affetta da Alzheimer

Diventare esperti significa padroneggiare un insieme di competenze che vanno ben oltre la conoscenza della malattia. Si tratta di sviluppare un sapere essere e un sapere fare specifici, affinati dalla formazione e dall’esperienza.

La comunicazione non verbale: ascoltare con gli occhi

Quando le parole mancano, il corpo parla. Una grande parte della comunicazione con una persona affetta da Alzheimer in uno stadio avanzato passa per il non verbale. Imparare a decifrare le posture, le espressioni del viso, i gesti, è fondamentale. Uno sguardo sfuggente può significare ansia, mani che torturano un indumento possono indicare disagio.

Al contrario, la nostra comunicazione non verbale ha un impatto immenso. Un sorriso, un contatto visivo dolce, un gesto lento e rassicurante, un’intonazione di voce calma possono placare una situazione tesa in pochi secondi. Le formazioni devono necessariamente includere un aspetto su questa comunicazione infra-verbale, che è il linguaggio universale dell’emozione.

La gestione dei disturbi comportamentali: disinnescare senza confrontare

L’agitazione, la deambulazione, l’aggressività o l’apatia sono sintomi frequenti della malattia. Sono quasi sempre la manifestazione di un bisogno non soddisfatto, di un dolore, di una paura o di una frustrazione. La competenza chiave è imparare a fare il detective: qual è la causa di questo comportamento?

La confrontazione è sempre controproducente. Bisogna apprendere tecniche di diversione, di validazione e di comunicazione rassicurante. Se una persona è agitata, portarla in un luogo tranquillo, offrirle una bevanda calda o mettere della musica che le piace può essere molto più efficace che ordinarle di calmarsi. Gestire questi disturbi significa sapere disinnescare la bomba prima che esploda, con creatività e benevolenza.

La stimolazione cognitiva: mantenere il giardino della mente

La stimolazione cognitiva non mira a curare o a far “riapprendere” ciò che è stato dimenticato. Il suo obiettivo è più umile e realistico: mantenere le capacità residue, rallentare il declino e, soprattutto, offrire momenti di piacere e valorizzazione. È un po’ come prendersi cura di un giardino. Non si può impedire l’arrivo dell’autunno, ma si può continuare a prendersi cura delle piante che sono ancora lì, annaffiarle e godere della loro bellezza.

I nostri strumenti come SOFIA si inseriscono pienamente in questo approccio. L’expertise consiste nel saper proporre attività adatte che stimolino senza mettere in difficoltà. Può trattarsi di un gioco su tablet, ma anche di giardinaggio, canto, lettura del giornale o semplicemente piegare insieme il bucato. L’importante è mantenere la persona connessa al mondo e a se stessa.

Verso un’expertise riconosciuta: L’importanza della formazione continua

L’expertise in Alzheimer non è mai acquisita una volta per tutte. È un processo dinamico che richiede un costante ripensamento e apprendimento.

La malattia evolve, le nostre conoscenze anche

La ricerca sulla malattia di Alzheimer progredisce costantemente. Nuove scoperte sui suoi meccanismi, nuovi approcci terapeutici (farmacologici o meno) e nuove tecnologie nascono regolarmente. Un professionista o un caregiver che desidera rimanere esperto deve fare una vigilanza attiva, leggere, partecipare a conferenze e seguire formazioni di aggiornamento. Ciò che era considerato una buona pratica dieci anni fa può essere obsoleto oggi.

Adattarsi a ogni individuo: l’expertise su misura

La verità più grande sulla malattia di Alzheimer è che non c’è una, ma diverse malattie di Alzheimer. Ogni persona è unica, con il proprio percorso di vita, la propria personalità e un’evoluzione della malattia che le è propria. La vera expertise non risiede nell’applicazione rigida di protocolli, ma nella capacità di osservare, comprendere e adattare il proprio supporto a una persona specifica, in un dato momento. La formazione fornisce il quadro generale; l’esperienza e l’intelligenza del cuore permettono di personalizzarlo.

Unirsi a una comunità di pratica

Infine, nessuno può diventare esperto da solo nel proprio angolo. L’accompagnamento è un lavoro e un ruolo che possono essere usuranti. Condividere le proprie difficoltà, i propri successi e le proprie domande con i pari è essenziale per durare. Che si tratti di gruppi di parola per i caregiver o di riunioni di analisi della pratica per i professionisti, far parte di una comunità permette di prendere distanza, trovare nuove soluzioni e sentirsi supportati. È anche in questo scambio che le competenze si trasmettono e che l’expertise collettiva cresce.

In conclusione, il percorso per diventare esperti nell’accompagnamento della malattia di Alzheimer è impegnativo ma profondamente gratificante. Si basa su un triplice legame indissolubile: la conoscenza (acquisita attraverso la formazione), le competenze (sviluppate attraverso la pratica) e l’umanità (nutrita dall’empatia). Da Dynseo, siamo orgogliosi di contribuire a questo percorso offrendovi strumenti e formazioni che, speriamo, vi aiuteranno a essere non solo più efficaci, ma anche più sereni e realizzati nel vostro ruolo essenziale di accompagnatori.

Nel contesto della specializzazione in Alzheimer, è essenziale comprendere le diverse approcci per stimolare la memoria delle persone anziane. Un articolo pertinente a questo riguardo è Giochi di memoria per gli anziani: esercizi ludici per stimolare il loro cervello. Questo articolo esplora metodi ludici per rafforzare la memoria degli anziani, il che può essere particolarmente benefico per i professionisti specializzati in Alzheimer. Integrando questi esercizi nella loro pratica, gli specialisti possono offrire interventi più completi e adattati ai bisogni cognitivi delle persone affette da questa malattia.

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